venerdì 23 marzo 2012

giovedì 22 marzo 2012

# Conferme di formato

Settembre 2011

"Che fai?"
"Disegno"
"Ma su una cartolina?"
"Si..."
"Poi la spedisci?"
"No, le ho già mandate ai parenti ieri. Mi è avanzata una. Scarabocchio"
Poso la penna. Fuori piove, ma è acqua estiva. Leonora appoggia le mani sul bancone e si guarda attorno.
Niente clienti in libreria questo pomeriggio e probabilmente non ce ne saranno nemmeno questa sera.
"Beh... se devi spedirla vai in posta. Sembra troppo larga come formato, non ci entra nella cassetta in piazza" 


Quella sera chiusi il negozio alle nove. Tre ore prima dell'orario ufficiale estivo. 
Non c'era anima viva sul lungomare, i lampioni illuminavano le pozze d'acqua e le barche dondolavano sul mare nero come inchiostro, leggere, sotto la pioggia. 
Pioggia che rendeva lucidi anche gli scogli più spugnosi e ruvidi. 
Mi avviai verso casa, ma dopo aver superato il molo, decisi di passare per la piazza invece che per le strette stradine del centro. La cassetta delle lettere rossa attirava a se ogni minima luce o bagliore, sembrava di vetro. Ci pioveva sopra. Mi avvicinai e mi accorsi che era coperta di ruggine.

Tutte le lettere al suo interno erano sicuramente bagnate.
Sempre se ce n'erano. 
L'imboccatura era davvero stretta e larga poco più di una decina di centimetri. 

martedì 20 marzo 2012

# Partenze

Venezia è a forma di pesce.


"Cosa spinge alla deriva? Cosa spinge così lontano, che il lontano non basta più.
Si cerca tanto, si cerca il profondo. A costo di annegare."


Di cosa si parlava?
Del blu? Della musica? Dei libri? Dei pesci?

 
La domanda non è Cosa, ma Perché.
Perché in un determinato momento decidiamo che ciò che si ha non serve?
Perché decidiamo di abbandonare un progetto, un' idea, un ideale, per chi ce l'ha.
In zero due ci si ritrova nudi, di fronte ad una porta, senza porta. Solo cardini in vista. Vai avanti, oppure puoi tornare indietro a riprendere i tuoi vestiti logori, sporchi e scuciti. Vado avanti, vado avanti e supero la porta. Nuda, come ho iniziato e come finirò.

Si parlava dei pesci, dicevo. Dei fiori di Iperico, dell' Eucalipto. Degli elefanti, delle parole. Delle spiagge e delle nuove idee che svegliano.
Si parlava di capelli biondi tagliati, di mostre, di lettere e cartoline.
Si parlava e si beveva birra fermandosi nei locali poco affollati di quella città
che io abbraccerei più spesso.
I vicoli stretti ci seguivano dopo ogni angolo. E non mi prendere la mano che mi viene la claustrofobia da emozione.
Sbuffi, sorridi. Domani ti sarai già scordato di me.
"Sei un egoista dei sentimenti" ho pensato.
-Fai quello che vuoi, ma io torno sull'isola - ho detto.

Io amo l'isola, più di ogni città.
Più di ogni luogo che abbia visto da quando ho memoria.
Più del posto dove sono nata, anche se non so bene dove sia.
In realtà non sono mai nata, muoio un po' ogni giorno e rinasco nell'istante in cui non ci sono più.
- Che direzione prenderai? Vai a nuoto? Parti subito? - rise lui.
- Subito. Il tempo di dare la buona notte a Venezia -


lunedì 19 marzo 2012

# Arrivi


25.10.2011


" Mi manca casa, ma sto più che bene qui, quindi non mi preoccupo del Tempo.
D'altronde come potrei preoccuparmi di qualcosa che non mi appartiene?
Il mare è blu per tutti.
L'ho sentito ieri sera, alle sette e mezza circa, mentre nuotavo sotto la scogliera con Dario. Guardando le rocce arancioni e gialle ho visto le ombre farsi più lunghe e coprenti. Più nitide, non più accecate dal calore del terreno. Perfino i fichi d'India sembravano più quieti.

ho detto semplicemente 
"è arrivato" 

e quelle due parole si sono perse tra il sale le onde il vento gli scogli mangiate da qualche gabbiano in volo

non c'è nulla da fare quando qualcosa lo senti
Succede
e
basta.
Si. Ogni anno, per lo più per l'autunno e la primavera. Sono stagioni sensibili, sono l'orologio del mio armadio, sono sciarpe rosse e sandali bianchi, sono cappelli e capelli al vento. 
Mi piace così, anche se farà ancora caldo e noi ci tufferemo tutti dai trampolini naturali nel mare, ieri ed un mese fa, continueremo a mangiare granite, a camminare sul lungomare in canottiera, scalzi, senza nulla in mano, senza borse, occhiaie, senza voglia di tornare a casa.

"Chi?" ha chiesto Dario raggiungendomi nell'acqua con qualche bracciata
"L' autunno"  "

domenica 18 marzo 2012

# Posta dal mare

22.10.2011

Azzurro. 
No. Errore. Blu.
No, sbaglio ancora. Non è blu questo, è ciano. 
Blu-ciano. Blu-ciano-mare.


Io mi arrendo. Mi arrendo a questo mare, io.
Alla sua trasparenza incredibile, alla posidonia al largo, dove comunque so di poter arrivare a nuoto, 
ma preferisco starmene con l'acqua alle ginocchia.
E i pesci, pizzicano le caviglie, i polpacci. Salutano la sconosciuta.



Capo Bianco, si chiama questo posto. Bianco come i sassi sui quali camminare è un calvario,
ma che meraviglia il contrasto tra loro e l'acqua!
Che meraviglia un solo attimo qui.


Quindi mancava tempo.
Eppure io ero lì, immersa nella macchia, tra le colline emerse dal mare. 
Non ho nemmeno dovuto fare pace con il senso di isolamento, non avendoci mai litigato. 
Sono arrivata sull'Isola a Settembre, ho posato la valigia nella camera-mansarda e già mi sentivo a casa.
Maurizio, papà di Lisa alla quale avrei fatto da baby-sitter, sembrava entusiasta. 
"Vanno d'accordo!" avrà pensato lui quando io, scendendo dal traghetto, sono corsa incontro a loro - riconoscendoli dalle foto che mi avevano mandato durante l'inverno - ed ho subito abbracciato Lisa.

Era passato esattamente un anno da quel giorno. Le onde argentee mi abbagliavano mentre, seduta al bancone, ordinavo alcuni testi su Ibs.
Si sentiva solo il rumore del mare e quello delle mie dita sui tasti della tastiera.
Un paio di clienti passeggiavano tranquilli tra gli scaffali. Un ragazzo dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda stava sfogliando Fante. Un'anziana signora si era soffermata accanto ai classici. C'era poi un bambino, si guardava intorno tenendo un libro di Geronimo Stilton in mano.
- La mamma ha chiesto se qui vicino c'è la posta - disse - La cartolina che ha comprato non entra nella cassetta rossa in piazza -
Il ragazzo biondo si girò. Ora solo il mare faceva da cornice sonora. 
- Si... la posta è dopo il centro, nel parcheggio accanto alla farmacia - gli risposi sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso, posò Stilton al suo posto tra il Top-Seller-Baby, ed uscì.

La posta. 
Qualcosa iniziò pure quì.


sabato 17 marzo 2012

# Melograni


Qualcosa iniziò qui.
Erano le sei di sera, ed il sole era ancora caldo sopra l'orizzonte di cielo e mare.
L'albero si trovava su una discesa, tra le piante grasse, arbusti di rosmarino e altri rovi tipici della macchia.
Mi ero procurata un taglio sulla fronte cercando di raggiungere i rami più alti che si intrecciavano con un fico d'india. Dopo qualche tentativo, sentendo la ferita bruciare, mi arresi avviandomi verso casa con ciò che avevo raccolto.
Saltai i gradini a due a due, stando attenta a non perdere nemmeno un frutto, ed entrai nel soggiorno dopo essermi pulita la fronte. Maurizio era intento a farsi una sigaretta, appena tornato da lavoro. Davanti a lui qualche confezione di biscotti e crostini, un posacenere ed una galassia di briciole sparse sulla tovaglia di nylon.
Appoggiai il secchio su una sedia e cominciai a disporre i melograni sul tavolo, uno accanto all'altro.
Tredici... quattordici...
- Belli questi - disse prendendone uno in mano e sorridendo stupito.
- Ce ne sono altri ancora attaccati all'albero. Non posso crederci che non li hai mai raccolti! - risposi posando il ventesimo melograno accanto alla bottiglia d'acqua.  "Non si può bere dal rubinetto, okay? L'acqua arriva all'isola in condizioni batteriche valide solo per cuocerci la pasta. Quindi non berla, per quello ci sono le bottiglie, okay?" Ricordo che me lo disse il giorno del mio arrivo. Aveva un modo strano di dire le cose Maurizio, le ripeteva, quasi ad assicurarsi di aver parlato, più che essersi fatto capire. "Capisco" risposi un po' stranita. Da li in poi mi sarei abituata a stappare bottiglie di plastica ogni giorno.
- Deh, in effetti non c'ho fatto caso - sussurrò Maurizio appoggiando il frutto sul tavolo e riprendendo la sigaretta tra le labbra - Allora è questa la loro stagione ... -
- Però dei fichi d'india maturi ve ne siete accorti con Francesco, il frigo ne è pieno! - esclamai togliendomi i sandali. Maurizio era davvero particolare. A quel tempo ero convinta che non si sarebbe accorto nemmeno di uno stormo di fenicotteri atterrato in cortile, se mai fosse accaduto.
La sua espressione parve aggrottarsi. S'incupì, ma un'istante dopo distese le rughe sulla fronte, forse per far spazio a qualche nuovo pensiero.
- I fichi d'India sono ovunque, e Francesco ne raccoglie una ciotola ogni mattina, dopo aver annaffiato l'orto. Da piccolo li mangiavo dopo scuola, ora li vedo andando a lavoro e tornando a casa. Ci sono sugli scogli, dietro l'asilo di mia figlia, e perfino nel parco giochi. Ci sono, li noto, li mangio. - disse proprio così, alzandosi e aprendo il frigo - Invece l'albero di melograni sta dietro casa, in un posto un po' ripido, hai visto? In realtà sapevo che c'era, ma non ho mai avuto tempo ne voglia di scendere tra tutta quell'erba alta. Abbiamo i fichi, a che servono i melograni? - Rise di gusto, senza però nascondere una nota di tristezza, mentre posava una ciotola dei suoi frutti preferiti sul tavolo.
Sapevo che la sua teoria per lui era più che azzeccata. "Potrei avere di più, ma ho tutto, sono fortunato" diceva spesso. E gli bastava così a quanto pare.
- Forse ti sembrava una perdita di tempo, per questo...- iniziai, ma m'interruppe quasi ritrovando il filo di un discorso perso.
- Si. Perdo tanto tempo, tutti i giorni, a cercare le cose. - sospirò.
- Anch'io. A volte penso che se avessi più testa avrei più cose - ammiccai ai melograni sorridendo e portandomi una mano alla ferita in fronte, ma Maurizio sembrava più serio.
- Se avessi più testa avrei più tempo - disse soltanto.